Il rincaro dei prezzi per le materie prime ha generato, da ottobre 2021, un forte aumento del costo dell’energia con ricadute importanti sulla collettività. L’intervento dello Stato, che è riuscito a calmierare le cifre finali in bolletta, potrebbe non bastare, perché, stando a quanto ha già anticipato l’ARERA, l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, a inizio 2022 potrebbero ripresentarsi ulteriori aumenti con una decrescita dei costi di approvvigionamento delle materie prime solo a partire dal 2023. Questa prospettiva genera incertezza e preoccupazione, anche perché questo innalzamento arriva dopo quasi due anni di sofferenze economiche per molte realtà imprenditoriali.
Fino a dicembre 2021, grazie all’intervento del governo sull’abbattimento dei costi per gli oneri di sistema, l’aumento dell’elettricità è passato dal previsto 45% al 29,8% e quello del gas dal previsto 30% al 14,4%. Percentuali più basse, ma che comunque incidono sul budget aziendale e familiare annuale. Ricadranno inoltre su diversi ambiti dell’economia, non solo nel pagamento delle bollette. Un maggiore costo delle materie prime comporta infatti un aumento del costo finale del prodotto e questo inciderá sui bilanci aziendali e sulle spese delle famiglie, innescando un effetto domino che ridurrà i consumi e alimenterà la crisi di alcuni comparti, già in difficoltà per via dell’emergenza sanitaria. Nelle aziende sarà cruciale rivalutare le caratteristiche del costo pieno industriale perché è in questo parametro che si cela la marginalità dei guadagni, che non può scendere troppo altrimenti si rischia la chiusura. Per le famiglie invece sarà fondamentale bilanciare le spese evitando il superfluo e studiare meccanismi per ridurre i consumi.
Impatto sulle imprese
Le conseguenze dell’aumento dell’energia sulle imprese sono immediatamente riscontrabili sul costo dei prodotti. Si calcola una crescita del 20% che in alcuni comparti può arrivare addirittura al 50%. Per rientrare dei costi le aziende sono costrette a studiare nuove strategie, che partono dall’ottimizzazione dei processi e
che potrebbero arrivare alla riduzione del personale. Se si parla invece delle piccole imprese, le preoccupazioni sono relative ai costi di gestione: una piccola attività commerciale non può far ricadere tutto il rincaro sul costo del singolo prodotto, perché rischierebbe di perdere i clienti. Saranno dunque obbligate ad attingere a risorse esterne per fare fronte a spese più alte ed è qui che si creano i presupposti per un’ulteriore crisi, con rischio di chiusure.
Impatto sui consumatori
I consumatori dovranno riorganizzare le spese tagliando dove possibile, perché i prezzi aumenteranno in ogni settore. Si stanno già verificando rincari nei supermercati e nell’abbigliamento, per via del costo più alto della logistica e dei costi di produzione. Queste limitazioni, oltre a gravare sulla qualità della vita delle persone, potrebbero costituire un pericolo per chi già ha redditi molto bassi, perché potrebbe ritrovarsi sulla soglia di povertà.
Possibili soluzioni
Il Governo nel 2022 potrebbe ulteriormente intervenire con decreti di emergenza per limitare l’impatto su imprese e consumatori, ma questa tipologia di interventi sono appunto emergenziali. Il vero cambiamento dev’essere di tipo strutturale ed ha un nome ben preciso: si chiama transizione ecologica, che rappresenta un’opportunità irrinunciabile (a cui gli italiani guardano con molto interesse) per liberarsi dai vincoli di approvvigionamento dell’energia da Paesi esteri che utilizzano fonti fossili. Ad una impostazione statale basata sull’incentivizzazione di un’economia sostenibile, si deve affiancare la volontà da parte dei cittadini di agire pensando al pianeta, ossia riducendo l’impatto personale sull’ambiente.