È il trend del momento: basta accendere la tv che la vocina simpatica di una ragazza nella sua camera da letto ci invita a fare razzie nel nostro armadio per vendere tutto e fare spazio a nuovi capi di abbigliamento. Prima di cambiare canale (perché l’app Vinted, in questione, ha davvero esagerato con gli spazi pubblicitari), ci siamo chiesti cosa c’è dietro questa nuova moda?
Eppure, oltre Vinted, capita spesso di vedere pubblicità di altri siti di scambi e vendita usato…
Perché?
Semplice, dietro quella che sembra solo una moda, c’è tutto il meraviglioso mondo del Green Economy, alle spalle.
Perché, fastidioso battage pubblicitario a parte, l’idea è quella di abbattere le emissioni nocive che comportano le creazioni di nuovi abiti, lo spreco di acqua (si parla di 2.700 litri d’acqua per una semplice t-shirt bianca, o 10 mila litri per un paio di jeans) e tutta l’energia non rinnovabile che serve per la produzione dei nostri capi di abbigliamento.
Proprio così, mentre stiamo uscendo con ‘nu jeans e ‘na maglietta, come direbbe Nino D’Angelo, stiamo sottraendo risorse indispensabili alla terra e stiamo inquinando. Stiamo inquinando molto.
La soluzione? Il riciclo e il vintage.
Tante catene di negozi di abbigliamento, negli ultimi tempi, fanno trovare un contenitore dove gettare capi che proprio non usiamo più, perché laceri, inutilizzabili e nemmeno buoni da dare in beneficienza; in cambio, buoni sconto, coupon e tutto ciò che serva a sensibilizzare anche il meno attento al Pianeta. Questo per ciò che riguarda il riciclo.
Per in vintage, invece?
Dietro questa bellissima parola, molto à la page, per continuare a parlare cosmopolita, si nasconde il riutilizzo!
Diciamocelo apertamente: i capi di abbigliamento ci scocciano.
Ricordiamo a malapena il giorno in cui abbiamo visto in vetrina quel delizioso maglioncino verde col collo a V, esattamente ciò che stavamo cercando da tempo, con quel tipo di verde che si abbina perfettamente agli stivali che teniamo nell’armadio, che non siamo mai riusciti ad abbinare a nulla.
Quel meraviglioso senso di colpo di fulmine che abbiamo provato, la gioia di entrare nella boutique e trovare la taglia che ci serve, l’odore del capo nuovo, e l’appagamento provato nell’uscire dal negozio con la busta che contiene il nuovo tesoro.
E non importa che l’acquisto di quel maglioncino sia costato un piccolo salasso che ci ha impedito di farci una pizza e poi un cinema per almeno un paio di volte al mese…
Quando ci scoccia, ci scoccia. E come ce ne accorgiamo?
Dalla posizione nell’armadio! Se un tempo era come un regolare pagatore del canone Rai, sempre in prima fila, all’improvviso comincia ad essere seppellito da decine di maglioni acquistati con lo stesso piacere ossessivo-compulsivo. Fin quando ci scordiamo di lui e lo ritroviamo solo durante i maledettissimi cambi dell’armadio che si fanno a inizio stagione. Stropicciato. E se le prime volte lo stiriamo ben bene per poterlo indossare alla prima occasione, ad un certo punto non lo stiriamo nemmeno più, tanto…
E, infine, lo riteniamo perfetto per la cuccia del cane… Ma no! Prima di farci prendere da quest’assurdo comportamento, ricordiamoci che indossare qualcosa di vecchiotto, adesso, è à la page! Non è un indumento vecchiotto, ma è un delizioso maglioncino vintage!
E se proprio non ci viene alcuna voglia di indossarlo nuovamente, anche perché quegli stivali che vi si abbinavano li abbiamo distrutti in una giornata di pioggia in cui i bus facevano sciopero, ricordiamoci che c’è qualcuno che può amarlo esattamente come lo abbiamo amato noi. Rimettiamolo in vendita e partecipiamo orgogliosamente alla Green Economy.
Un maglioncino prodotto in meno, meno sprechi e inquinamento, una nuova proprietaria felice!